La recente vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali ha suscitato reazioni contrastanti in Europa.
La possibilità di un suo ritorno alla Casa Bianca riporta alla mente l’incubo dei dazi e dei conflitti commerciali che hanno caratterizzato il suo primo mandato. Le promesse fatte durante la campagna elettorale, che includono tariffe fino al 20% su tutte le importazioni europee, pongono interrogativi inquietanti per il Vecchio Continente, che già fatica tra incertezze economiche e geopolitiche.
Uno degli aspetti più preoccupanti del ritorno di Trump è certamente la minaccia dei dazi sulle importazioni dall’Unione Europea. Infatti, il commercio tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea ha un valore di circa 1.000 miliardi di euro all’anno e, sorprendentemente, l’UE gode di un surplus di 156 miliardi sull’export verso gli Stati Uniti. Tuttavia, questo primato potrebbe essere scosso dalle intenzioni di Trump, il cui slogan “America First” risuona forte e chiaro. Secondo diverse stime, se dovessero entrare in vigore tariffe generali del 10-20%, le esportazioni europee, in certe aree, potrebbero addirittura crollare fino a un terzo, generando così una potenziale crisi.
In questo contesto, l’economia europea si trova a un bivio. I settori più a rischio, come ad esempio i macchinari, gli autoveicoli e i prodotti chimici, hanno rappresentato solo nel 2023 il 68% delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti. Il colpo più duro potrebbe senz’altro toccare alla Germania, una nazione che conta molto sulle sue esportazioni di automobili e macchinari. Diversi esperti economici avevano calcolato che una semplice imposizione di una tariffa del 10% potrebbe tradursi in una diminuzione dell’1,6% del Pil tedesco. La questione non è solo di cifre, ma di posti di lavoro in pericolo, di benessere economico a rischio e di relazioni commerciali indebolite.
Quando si parla di dazi imposti dall’amministrazione Trump, è fondamentale analizzare i settori che ne potrebbero risentire in maniera più evidente. In primo piano ci sono i produttori di macchinari e i costruttori di automobili, veri e propri pilastri dell’economia tedesca e, in generale, europea. Difatti, se le relazioni commerciali si deteriorano ulteriormente, non è difficile prevedere che le conseguenze per l’occupazione e per l’economia occidentale nel suo complesso potrebbero essere devastanti.
In effetti, gli scambi commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea sostengono approssimativamente 9,4 milioni di posti di lavoro. Un’eventuale guerra commerciale non potrebbe quindi che collassare il tessuto sociale di molte nazioni. In aggiunta, la situazione potrebbe complicarsi ulteriormente colpendo altri partner globali come la Cina. E qui entra in gioco l’avviso di André Sapir, ex consigliere della Commissione Europea. Le sue contaminazioni tra diversi ambiti commerciali potrebbero generare un domino di problemi, alimentando conflitti già esistenti e facendo lievitare tensioni internazionali.
L’arrivo della minaccia dei dazi di Trump è particolarmente delicato per l’economia europea, attualmente già in un stato di precarietà. La prospettiva di un conflitto commerciale non è un evento che l’Eurozona può affrontare serenamente, specialmente in un momento in cui i segnali di una possibile recessione si fanno sempre più evidenti. La realtà è che Goldman Sachs ha avanzato previsioni preoccupanti: un aumento dei dazi potrebbe far calare il Pil dell’Eurozona dell’1%, mentre gli scenari più pessimistici prevedono un ulteriore rallentamento della crescita economica.
In Italia, in particolare, il settore automobilistico ha registrato un calo preoccupante nella produzione, con un crollo del 35,5% nei primi sette mesi dell’anno. Le aziende sono già in difficoltà, e una crescente incertezza potrebbe spingere molti investimenti a rifugiarsi altrove. Le attese nei confronti della gigafactory di batterie in Molise, che si aspettava potesse ridare slancio a questo settore, sono stati rimandati a causa di tali preoccupazioni. Le tensioni commerciali e i dazi potrebbero quindi non solo rallentare l’economia, ma creare ulteriori fratture all’interno di un panorama economico europeo già frazionato.
In passato, l’Unione Europea ha già sperimentato le conseguenze delle politiche protezionistiche di Trump durante il suo primo mandato quando furono imposti dazi per un valore di 6,4 miliardi di euro su acciaio e alluminio europei. Da quel momento, Bruxelles ha tentato con le unghie e con i denti di rafforzare le sue difese, ma la tregua attuale, stipulata con l’amministrazione Biden, scadrà nel marzo 2025. Questo segna un momento critico, poiché gli europei hanno tempo limitato per negoziare ed evitare una nuova tempesta perfetta all’orizzonte dell’economia.
La situazione è instabile e le notizie e le voci che circolano possono avere un impatto diretto sulle decisioni di business e sugli investimenti. La paura di una guerra commerciale si fa sempre più evidente, lasciando tutti con un certo senso di apprensione per ciò che potrà accadere tra l’Europa e gli Stati Uniti. Il futuro commerciale rimane incerto e i prossimi passi di Trump saranno osservati con attenzione su entrambe le sponde dell’Atlantico.