Nel pomeriggio di venerdì 25 ottobre, il Ministero dell’Istruzione e del Merito è stato teatro di una manifestazione insolita e carica di simbolismo, con sei studenti incatenati sulle scale.
Questa azione, che ha visto i giovani bendati e con uno scotch sulle labbra, intendeva esprimere una forte opposizione nei confronti delle politiche del nuovo ministro, Giuseppe Valditara. Un atto di protesta che non è passato inosservato: dopo essersi liberati dalle catene, i ragazzi hanno acceso due fumogeni, rendendo chiaro il loro messaggio di dissenso. Questo evento è stato promosso dall’Unione degli studenti, Rete della Conoscenza e Link – Coordinamento universitario, mentre dietro di loro una serie di cartoni formava la data del 15 novembre, un giorno emblematico per la protesta studentesca in Italia.
Tommaso Martelli, coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti, ha preso la parola per chiarire le motivazioni di questa contestazione. “La nuova legge di bilancio – ha dichiarato – va a definanziare ulteriormente l’istruzione.” A suo avviso, il sistema d’istruzione pubblica è attualmente in condizioni critiche e necessita di interventi immediati e piani strutturali di investimento, che abbracciano vari ambiti: dall’edilizia scolastica ai trasporti, fino al materiale didattico. Eppure, il governo continua a implementare tagli, non solo nel settore scolastico ma anche in ambito sanitario e nei trasporti. Martelli ha sottolineato che ciò avviene in modo coerente con le politiche attuate dai governi precedenti, il che rende la situazione ancora più allarmante per gli studenti e per future generazioni.
Un altro tema caldo che ha infiammato il dibattito è la nuova legge sulla condotta, approvata il 16 ottobre e che entrerà in vigore a breve. Secondo quanto affermato da Martelli, questa modifica rappresenta una delle riforme che ha sollevato maggiore preoccupazione tra gli studenti. “Si tratta di norme che vogliono imprimere una svolta autoritaria – ha affermato – e che tendono a silenziare il dissenso nelle scuole.” L’Unione degli studenti ha descritto questa legge come una forma di repressione, prevista anche per chi si oppone o disobbedisce alle nuove norme. Una sorta di cortocircuito tra la libertà di espressione e i doveri che gli studenti devono rispettare.
Le catene e lo scotch utilizzati dai manifestanti non sono stati elementi casuali. Martelli ha spiegato che questi strumenti erano simboli visivi per rappresentare l’opposizione alle politiche ritenute repressive. Si trattava di un segnale forte, non solo per rifiutare il disegno di legge, ma anche per manifestare la disponibilità a mobilitarsi in qualsiasi forma di protesta utile. L’idea di essere pronti alla lotta, attraverso azioni concrete e simboliche, è stata un tema costante nel confronto con le autorità.
Per gli studenti, raccogliere e far sentire la propria voce è considerato fondamentale in un’epoca in cui le decisioni governative sembrano ignorare le necessità e le problematiche quotidiane di chi vive il mondo scolastico. L’attività di questa manifestazione si inserisce in un contesto più ampio, che segnerà il prossimo 15 novembre, quando è prevista una giornata di sciopero nazionale. Un momento cruciale per riaffermare i diritti degli studenti e per chiedere un cambiamento reale, che non sia solo lettera morta nei documenti ufficiali, ma che porti a un miglioramento tangibile della situazione attuale.