Escludere le spese per l’istruzione dalla spending review: è questa la richiesta di Save the Children, che si oppone ai tagli di oltre 7 mila posti tra docenti e personale ATA previsti dalla Legge di Bilancio per il prossimo anno.
Questa posizione si colloca in un panorama difficile, dove, oltre al turn over bloccato al 75%, si intravedono limitazioni che potrebbero avere un impatto duraturo sul futuro educativo dei giovani in Italia. Questi tagli potrebbero, infatti, essere mantenuti fino al 2027, come indicato dalla Tecnica della Scuola.
L’associazione Save the Children ha espresso preoccupazione riguardo alla situazione attuale dell’istruzione in Italia. Sottolineano l’importanza cruciale di investire nell’offerta educativa per affrontare le disuguaglianze educative che affliggono il Paese. Secondo l’associazione, per garantire a tutte le studentesse e gli studenti pari opportunità, risulta fondamentale rafforzare le risorse per contrastare i divari territoriali, che penalizzano in particolare i ragazzi più vulnerabili. Ecco perché l’appello a escludere l’istruzione dalla spending review appare non solo sensato, ma quasi indispensabile.
L’istruzione, come hanno messo in evidenza diversi studi, è una delle basi fondamentali per il futuro dei giovani. La mancanza di investimenti adeguati potrebbe aggravare situazioni già critiche, soprattutto nelle regioni del Sud, dove le opportunità per i giovani sono limitate. E’ evidente che un sistema educativo forte è un pilastro per una società prospera ed equa. Pertanto, è necessaria una mobilitazione per garantire che ogni ragazzo possa avere accesso a un’istruzione di alta qualità, senza barriere economiche o territoriali.
I dati, forniti da Save the Children, parlano chiaro: la spesa per l’istruzione in Italia è già sotto la media dei Paesi OCSE, e questo è un fatto preoccupante. Con un investimento che si attesta solo al 4% rispetto al 4,9% della media OCSE, l’Italia mostra delle carenze significative. In termini economici, la spesa media pro capite, che comprende il ciclo primario fino all’istruzione terziaria, è di 12.760 dollari, contro i 14.209 dollari della media OCSE. Ciò suggerisce uno scarto notevole che merita attenzione. Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha evidenziato un dettaglio ancor più allarmante: in Italia, la spesa pubblica per interessi sul debito è quasi pari a quella per l’educazione. Questo porta a interrogarsi sulle priorità del Paese.
L’impatto di questi numeri è tangibile; ci si chiede come i giovani possano ricevere una formazione adeguata in un contesto di così tante limitazioni economiche. Con queste statistiche preoccupanti, diventa sempre più chiaro che non possono esserci compromessi quando si parla dell’istruzione. È essenziale un cambiamento di rotta: bisogna riconsiderare le spese e garantire che si investa nel futuro dei giovani.
Uno dei dati più allarmanti riguarda l’abbandono scolastico in Italia. Si stima che più di un giovane su dieci, tra i 18 e i 24 anni, abbandoni prematuramente gli studi, con la percentuale che raggiunge picchi drammatici nelle regioni del Sud e nelle isole. Sardegna, Sicilia e Campania, con percentuali che oscillano dal 16% al 17,3% di abbandoni, chiariscono l’urgenza di intervenire. Questi numeri, già preoccupanti, diventano ancor più inquietanti se si considera il contesto sociale e le opportunità che vengono negate a questi ragazzi. Inoltre, le disuguaglianze non si fermano all’abbandono. Esse si riflettono anche nell’accesso a servizi essenziali come la mensa scolastica e nelle opportunità di tempo pieno.
Attualmente, solo il 57,5% degli alunni della scuola primaria pubblica ha la possibilità di accedere alla mensa, mentre le classi a tempo pieno rappresentano solo il 39,3% del totale. Questi dati rivelano forti disuguaglianze che potrebbero avere effetti devastanti su tutta una generazione di ragazzi e ragazze. Mai come in questo momento è fondamentale affrontare la questione del diritto all’istruzione in modo completo e contestualizzato, investendo nei territori più disparati per garantire a tutti le stesse opportunità di apprendimento e crescita, senza che nessuno venga lasciato indietro.
Un aspetto cruciale nella questione dell’istruzione è la presenza e la qualità del personale scolastico. Risulta evidente che un disinvestimento nei confronti del personale, specie in un contesto in cui l’istruzione ha bisogno di una forte spinta, sarebbe un passo indietro. La riduzione delle risorse disponibili non farebbe altro che compromettere ulteriormente la qualità dell’insegnamento. Secondo Save the Children, è fondamentale puntare su queste risorse, soprattutto ora che le scuole stanno ricevendo finanziamenti dal Pnrr per migliorare situazioni di dispersione scolastica, garantire mense e allargare l’offerta di tempo pieno.
Un personale formato e ben retribuito rappresenta non solo un miglioramento per la qualità dell’istruzione, ma anche un segnale di attenzione verso il mondo dell’educazione. Senza un adeguato sostegno e una ben distribuita attenzione verso il personale scolastico, si rileverebbe un danno diretto al sistema educativo. La formazione, la professionalità e il benessere degli insegnanti e degli educatori sono gli elementi che possono realmente influire sulle dinamiche d’apprendimento. Solo investendo in questo settore si potrà garantire un’istruzione di qualità e inclusiva, in grado di rispondere alle esigenze di un’utenza sempre più eterogenea e variegata.
L’intervento di Save the Children si configura, quindi, non solo come un appello alla resistenza contro i tagli, ma come un invito a riconoscere il valore di un investimento strategico nell’istruzione, affinché non venga trascurata la formazione dei giovani durante questo periodo critico.