Baku si prepara ad ospitare la Cop29
La Cop29, la Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sul clima, ha come obiettivo principale una cifra impressionante: 1.000 miliardi di finanziamenti climatici. Questa edizione della Cop rappresenta una vera e propria sfida, un’occasione per i leader mondiali per dimostrare la loro volontà di prendere decisioni significative in merito alla crisi climatica. La conferenza, che ha inizio oggi, darà il via a una serie di eventi che vedranno protagonisti capi di Stato e ministri dell’Ambiente, insieme a un gruppo di negoziatori supportati dagli sherpa, figure fondamentali in grado di preparare il terreno per le trattative vere e proprie.
La Cop29 è il risultato di una lunga evoluzione, un meccanismo che si è andato perfezionando negli ultimi decenni. Ogni dodici mesi, i rappresentanti delle nazioni di tutto il mondo si riuniscono per discutere strategie comuni per governare il clima globale, un tema che, a partire dagli anni Novanta, ha preso sempre più piede nella coscienza collettiva. Allora, l’aria era diversa, e il mondo viveva la transizione dalla Guerra Fredda alla globalizzazione. Questo nuovo scenario portava con sé l’aspettativa di un unisono coordinamento globale, per affrontare le sfide moderne senza scivolare in conflitti e tensioni. Le conferenze sul clima sono nate proprio in questo contesto.
L’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del Commercio nel 2001, un evento che potrebbe sembrare paradossale data la sua natura comunista, segna un punto cruciale in questa cornice. La Cina, insieme ad altri paesi, ha iniziato a partecipare attivamente alle discussioni globali. Ma la situazione attuale è profondamente cambiata. Oggi, la Cina è emersa come una superpotenza, riportando in primo piano le contraddizioni legate ai suoi impegni climatici, nonostante le sue enormi emissioni. Questo porta a un quadro complesso, dove non è sempre chiaro chi debba assumersi le maggiori responsabilità nella lotta contro il cambiamento climatico.
Il nodo dei finanziamenti climatici e la retorica dei paesi in via di sviluppo
Uno degli argomenti più caldi di questa Cop è, senza dubbio, la finanza climatica. Si parla di 1.000 miliardi, una cifra che ha il potenziale di trasformare le politiche ambientali di molti paesi. Tuttavia, la questione dei finanziamenti non è così semplice. La Cina, ad esempio, è ancora considerata, secondo le linee della Convenzione delle Nazioni Unite, un paese in via di sviluppo. Questo significa che Pechino non è formalmente obbligata a rispettare gli stessi impegni economici imposti agli altri paesi industrializzati, nonostante si trovi in cima alle classifiche delle emissioni globali. Questo rappresenta un palese paradosso, difficile da gestire durante le discussioni.
Ogni anno, le conferenze sul clima simili a questa Cop29 si configurano come un grande rito collettivo in cui piccole nazioni insulari si trovano sedute accanto a giganti economici. Qui, tutti hanno diritto di parola e spazio per esprimere le proprie preoccupazioni, ma il peso specifico di ciascuna voce resta ben notevolmente diverso. È impossibile ignorare che le isole, ad esempio, seppur con gravi bisogni, spesso non riescono ad influenzare le decisioni finali come i grandi stati industriali.
Per contrastare questo possibile blocco, si adotta un meccanismo chiamato consensus, un trucco diplomatico che garantisce che le decisioni siano approvate in assenza di obiezioni manifeste. Non si tratta di contare i voti, il che creerebbe tensioni e veti incrociati, ma di trovare un accordo generale.
Le dinamiche impreviste delle trattative internazionali
Le conferenze sul clima sono spesso terreno fertile per eventi inaspettati. Ad esempio, durante l’ultima edizione, le dinamiche di gruppo hanno dato vita a colpi di scena scenici. È successo che, in una giornata cruciale, il testo finale fosse approvato immediatamente, a pochi attimi dall’inizio della sessione, con i delegati ancora nei loro posti, intento a cercare di capire l’accaduto. È un aspetto che testimonia quanto possano essere frenetiche e imprevedibili queste riunioni. In questo contesto, mentre i giorni scandiscono il ritmo delle discussioni, i leader e i negoziatori si muovono su un filo sottile, cercando di bilanciare le esigenze globali con quelle locali.
Il clima delle conferenze è sempre carico di aspettative, tensioni e, talvolta, difficoltà comunicative. Ogni delegato deve tenere in considerazione le opinioni di mille altre realtà , mentre il mondo, sempre più colpito da eventi climatici estremi, guarda con ansia a queste riunioni. Le decisioni che si prendono in questi incontri possono avere effetti diretti sulle vite di miliardi di persone, eppure, la realtà è che il processo di negoziazione è spesso lungo e tortuoso, pieno di compromessi e rinvii. La Cop29, quindi, non è solo una vetrina per i leader mondiali, ma anche un’opportunità per riflettere sulle sfide globali più urgenti da affrontare. Dal punto di vista pratico, ciò che accadrà in questi giorni a Baku potrebbe cambiare il corso della storia climatica del pianeta.