Negli ultimi anni, 23andMe è stata al centro di una tempestosa crisi che ha attirato l’attenzione di esperti e appassionati di tecnologia.
Fondata con l’obiettivo di rendere la genetica accessibile a tutti, la compagnia ha visto un rapido declino da quando, lo scorso anno, ha subito una devastante fuga di dati. Questo episodio ha colpito la metà della sua clientela e ha innescato una class action che si è conclusa con un accordo di ben 30 milioni di dollari. La seduzione dei test genetici a domicilio, un tempo così attraente, sembra ora svanire.
Se pensiamo che 23andMe fosse una storia di successo della Silicon Valley, oggi ci troviamo a dover rivedere questa convinzione. Con una fuga di dati impressionante, quasi il 50% degli utenti ha visto compromessa la propria privacy. Questo non è solo un incidente di cronaca; è uno schiaffo galattico alla fiducia di chi aveva già messo le proprie informazioni nelle mani di un’azienda che prometteva innovazione e trasparenza. L’azzeramento della fiducia ha portato a conseguenze gravissime: la class action. È stato un colpo duro, ma l’azienda ha deciso di accettare di risolvere la questione con una somma cospicua, ben 30 milioni di dollari.
Ad agosto, nell’intento di ristrutturare e rialzarsi, 23andMe ha chiuso la sua unità dedicata alla ricerca di farmaci, un passo significativo e preoccupante. In una successiva mossa, il consiglio di amministrazione ha deciso di dimettersi in massa, gettando una luce sinistra sulla direzione intrapresa da Anne Wojcicki, cofondatrice e amministratrice delegata. Questo stravolgimento ha suscitato ulteriori interrogativi sulla visione futura dell’azienda. Inizialmente, Wojcicki sembrava aperta a valutare offerte di acquisto, ma ha poi fatto un passo indietro, lasciando avvolta nell’incertezza l’intera situazione.
Quando 23andMe è sbarcata in borsa nel 2021, i dati erano sbalorditivi: una valutazione di 6 miliardi di dollari con azioni a 10 dollari. Ma cosa è successo? Fino ad oggi, l’azienda non ha registrato profitti, neanche dopo diciotto anni di attività. Oggi, nel contesto dell’incertezza generale, la sfida di diventare redditizia è più che mai attuale. I test del DNA a domicilio, un tempo attraenti, hanno iniziato a perdere il loro appeal. Le vendite dei kit di 23andMe non raggiungono più i picchi di domanda come in passato.
Il primo trimestre della compagnia ha registrato vendite per solo 40 milioni di dollari, un’impressionante diminuzione del 34% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo calo è iniziato addirittura nel 2019. Recentemente, in un’intervista su Wired US, Wojcicki ha attribuito il declino a una crescente concorrenza nel settore. Tuttavia, un’altra spiegazione evidente è la diminuzione del numero di nuovi clienti. Molte persone interessate a scrutare nel passato genetico della propria famiglia hanno già fatto il test e non sentono il bisogno di ripetere quest’esperienza.
Il messaggio che arriva da esperti e impresari del settore è chiaro: per avere un business duraturo si deve offrire valore. Khaled Kteily, fondatore e CEO di Legacy, un’azienda che si occupa di test di fertilità maschile, evidenzia l’importanza di mantenere alta la qualità dei servizi. Legacy si distingue proponendo una gamma di analisi standard del liquido seminale, ma anche integratori e test per malattie sessualmente trasmissibili. Sorprendentemente, offrono anche il congelamento degli spermatozoi, un modo per mantenere i clienti legati anche dopo un primo test.
Le aziende che riescono a restare competitivi sono quelle che sanno innovare e fidelizzare i propri consumatori attraverso un’offerta diversificata e adatta alle esigenze del mercato attuale. La capacità di anticipare le mutate necessità dei clienti è essenziale per evitare di ritrovarsi nel mezzo di una crisi come quella che ora coinvolge 23andMe. Con la continua evoluzione del panorama tecnologico, diventa cruciale per ogni azienda mantenere relazioni salde con i propri utenti, offrendo prodotti e servizi che continuino a soddisfare le loro curiosità e necessità nel tempo.