Il naufragio della Costa Concordia: 13 anni dopo, il bilancio è ancora pesante

Il naufragio della Costa Concordia, avvenuto il 13 gennaio 2012, rappresenta una delle più tragiche e emblematiche disavventure nella storia della navigazione italiana. Questo evento non solo ha segnato profondamente le vite delle 32 vittime, ma ha anche sollevato interrogativi sul ruolo della sicurezza marittima e delle responsabilità umane. A distanza di tredici anni, il ricordo di quella notte continua a pesare nel cuore dei familiari delle vittime, evocando la necessità di riflessioni sulla sicurezza in mare e sulla gestione delle emergenze.

Il disastro della Costa Concordia

Il 13 gennaio 2012, la Costa Concordia salpò da Civitavecchia con a bordo 4.229 persone. La nave si stava dirigendo verso Savona quando, intorno alle 21.42, colpì uno scoglio nei pressi dell’Isola del Giglio. Questa manovra, ribattezzata “inchino”, decisa dal comandante Francesco Schettino, si rivelò fatale e costò la vita a 32 persone. Le prime indagini subito dopo il naufragio si concentrarono sulla figura di Schettino, che fu arrestato il 16 gennaio e inizialmente recluso in carcere prima di passare ai domiciliari. Negli attimi drammatici della tragedia, una telefonata diventò iconica: il capitano della Capitaneria di Livorno, Gregorio De Falco, diede l’ordine a Schettino di ritornare a bordo, fissando un tono di denuncia che avrebbe catturato l’attenzione mondiale.

Le operazioni di recupero della nave iniziarono il 18 giugno 2012 con un complesso intervento di rimozione sotto la supervisione di un consorzio di aziende, tra cui la statunitense Titan e l’italiana Micoperi. Il traumatico evento rimase al centro delle cronache, sollevando una serie di questioni legali e di sicurezza, mentre il ricordo delle vittime continuava a essere un elemento centrale nel dibattito pubblico.

Le fasi processuali e le conseguenze legali

Il processo, che si sviluppò negli anni successivi, vide diversi sviluppi cruciali. Il 20 dicembre 2012 si conclusero le indagini, con Schettino tra gli otto indagati. Le accuse nei suoi confronti includevano omicidio plurimo colposo e abbandono di nave. A distanza di un anno dalla tragedia, i Comuni del Giglio e di Monte Argentario furono insigniti di una medaglia d’oro al valor civile per la loro opera di soccorso.

Nel 2013, Costa Crociere scelse di risolvere la questione attraverso un accordo di patteggiamento che le permise di uscire dall’inchiesta, pagando una sanzione di un milione di euro. Tuttavia, Schettino si trovò ad affrontare un processo che culminò nel febbraio 2015 con una condanna a 16 anni di pena detentiva, confermata poi da varie corti superiori. La Cassazione confermò definitivamente la condanna nel maggio 2017.

Schettino si costituì nel carcere di Rebibbia, dove attualmente sta scontando la sua pena. Nel 2022, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo respinse la sua imputazione di violazione dei diritti umani, confermando la legittimità della condanna.

La memoria e l’eredità del naufragio

Dopo 13 anni, il naufragio della Costa Concordia continua a essere un evento doloroso nella memoria collettiva italiana. Le famiglie delle vittime non hanno mai smesso di chiedere giustizia e di mantenere viva la memoria dei loro cari, esprimendo preoccupazione per la sicurezza della navigazione e la gestione delle emergenze a bordo delle navi da crociera. Questi eventi hanno avuto un impatto significativo anche sul settore crocieristico, spingendo le compagnie a investire in misure di sicurezza più severe e procedure di evacuazione più rigorose.

La richiesta di semilibertà presentata da Schettino, programmata per l’udienza del 4 marzo, solleva ulteriori interrogativi su come la giustizia e il sistema penale trattino i reati legati alla nave e la responsabilità di chi comanda una nave in acque pericolose. La memoria delle vittime e le implicazioni di tale tragedia continuano a influenzare politiche e norme nel settore del trasporto marittimo.

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Redazione Giustiziagiusta