Il diritto di abitazione rappresenta una forma di protezione molto importante nel panorama giuridico italiano.
Questa tutela consente a un individuo di vivere all’interno di una proprietà, anche non essendone il proprietario, e viene regolamentato dall’articolo 1022 del Codice civile. Ma quali sono le implicazioni di questo diritto? E come si relaziona con altre forme di possesso come la nuda proprietà? Scopriamo insieme i dettagli attraverso alcune delle domande più comuni.
Il diritto di abitazione consente a un soggetto di risiedere in un immobile, di fatto, senza detenere la proprietà legale dello stesso. Questa possibilità è particolarmente utile in molte situazioni, come per esempio per i familiari di un proprietario, che possono avere così la sicurezza di poter rimanere nella casa anche se il proprietario decide di vendere. È importante anche evidenziare che, sebbene questo diritto garantisca il diritto di pernottare e vivere nell’immobile, non autorizza il titolare a vendere o affittare la proprietà a terzi. Quindi, anche se può sembrare una situazione vantaggiosa, a ben vedere ci sono pare opportunità non valorizzate. Insomma una sorta di ristorante dove puoi mangiare ma non puoi mai entrare in cucina.
Un aspetto molto rilevante è quello della pignorabilità del diritto di abitazione. Secondo la legge italiana questo diritto non può essere pignorato né ipotecato. In altre parole, se un creditore decide di agire, potrà pignorare l’immobile, ma non potrà privare il titolare del diritto di abitazione della possibilità di rimanere all’interno della casa. Di fatto, anche se il bene viene venduto all’asta, la persona che ha il diritto di abitazione potrà continuare a starci tranquillamente, come se nulla fosse successo. Ciò offre un certo grado di protezione e stabilità per chi vive nella proprietà. È un po’ come dire: puoi portarmi via il panino, ma mi lascerai comunque la mia panchina nel parco.
Un punto da chiarire è l’importanza di distinguere tra il diritto di abitazione e la nuda proprietà. La nuda proprietà è un concetto giuridico più complesso, che rimanda al possesso legale di un’immobile senza il diritto di usarlo. Questo significa che – mentre il diritto di abitazione è di per sé intoccabile – la nuda proprietà può essere soggetta a pignoramento e quindi ai creditori. Se un creditore si presenta, insomma, può benissimo pignorare la nuda proprietà, ma chi ha il diritto di abitazione continuerà a vivere dentro. Quest’ultimo diventa una specie di “affittuario privilegiato”, per così dire, perché mentre tutto cambia attorno a lui, la sua situazione rimane di stabilità e certezza.
Nonostante il diritto di abitazione offra molte garanzie, ci sono scenari in cui questo può essere revocato. La principale via per contestare un diritto di abitazione è l’azione revocatoria. Se i creditori riescono a provare che il diritto è stato costituito per frodi, intenzionalmente per sfuggire ai debiti, possono tentare di annullarlo. Oltre a questo, l’azione deve essere avviata entro cinque anni dalla costituzione del diritto. Se un creditore dimostra la mala fede, il giudice potrebbe decidere di annullare il diritto di abitazione, aprendo così la strada al pignoramento dell’immobile, e a quel punto la persona che abita l’immobile si troverebbe di fronte a un bel dilemma.
Per scongiurare questo tipo di problematiche, è fondamentale che il diritto di abitazione venga costituito in modo chiaro e giustificabile, lontano da qualsiasi sospetto di mala fede o frodi. È essenziale documentare in maniera meticolosa la creazione di questo diritto, assicurandosi anche che non ci siano elementi che possano dare adito a dubbi. Ognuno desidera avere un posto chiamato casa, e avere un contratto regolarmente redatto può costituire una protezione efficace. In sintesi, parlarne con esperti legali potrebbe essere un’ottima idea per avere una copertura ottimale.