L’ameba mangiacervello, conosciuta come Naegleria fowleri, è un organismo unicellulare che vive in acqua dolce e calda.
Questa ameba è responsabile della meningoencefalite amebica primaria, una grave e rara infezione del sistema nervoso centrale che può portare a conseguenze letali. Scopriamo insieme cos’è e perché è diventata un argomento di notevole preoccupazione.
L’ameba “mangiacervello” è un organismo microscopico che si muove grazie a delle piccole estroflessioni. È nota per la sua presenza in ambienti acquatici caldi, come piscine poco pulite, sorgenti termali e laghi. Questa ameba prospera in acque con temperature che possono arrivare a 46 °C. Il termine “mangiacervello” deriva dalla sua capacità di causare una grave infezione nel cervello umano. La meningoencefalite amebica primaria è quella che colpisce chi entra in contatto con quest’amibe, ma per fortuna, tali casi sono abbastanza rari.
Una volta che l’acqua contaminata entra nel naso, l’ameba può partire per un sinistro viaggio verso il cervello. Così, si stabilisce, causando necrosi del tessuto cerebrale, che in breve tempo può rivelarsi devastante. La mortalità dell’infezione è impressionante, con una percentuale di oltre il 97%. Negli Stati Uniti, sono segnalati la maggior parte dei casi, soprattutto nelle regioni meridionali dove il clima è caldo e favorevole alla proliferazione di quest’organismo.
Dove si può trovare l’ameba mangiacervello
La Naegleria fowleri è presente in molteplici ambienti naturali, ma specialmente in acque dolci e calde, dove può fare la sua comparsa in situazioni più varie. Laghi, fiumi, piscine non adeguatamente trattate, sorgenti termali… sono tutti luoghi dove quest’ameba potrebbe trovarsi. Inoltre, anche alcuni sistemi idraulici, come ad esempio i rubinetti e gli scaldabagni, possono contenere quest’organismo, sebbene la sua proliferazione sia facilitata soprattutto nelle piscine esposte al sole.
Negli USA, i casi di Naegleria fowleri sono più comuni in stati come la Georgia e il Texas. Questi luoghi tendono ad avere temperature elevate specialmente nei mesi estivi, il che crea l’ambiente perfetto per la diffusione dell’ameba. È interessante notare che anche le piscine mantenute male o con scarsa igiene sono terreno fertile per questo organismo. La prevenzione è quindi fondamentale, in particolare nei periodi di caldo intenso. Alle famiglie e ai bagnanti viene spesso consigliato di prestare particolare attenzione alla pulizia e alla disinfezione delle acque per evitare il rischio di esposizione.
Come si contrae la meningoencefalite amebica primaria
Contrariamente a quanto si possa pensare, l’ameba mangiacervello non si trasmette tramite il contatto diretto con persone infette o per ingestione di acqua contaminata. L’unico modo di contrarla è attraverso il naso. Questo succede quando l’acqua contaminata con Naegleria fowleri sale nel naso, attraversa la mucosa olfattiva e si dirige verso il cervello usando il nervo olfattivo. Purtroppo una volta che l’ameba arriva nelle fosse cerebrali inferiori può cominciare a causare gravi danni.
Le attività che aumentano il rischio di esposizione alla Naegleria fowleri includono lavaggi nasali con acqua del rubinetto e immersioni in piscine sporche. È quindi fondamentale evitare di corteggiare il pericolo praticando attività acquatiche in acque che non sono state verificate per quanto riguarda la qualità e la pulizia. Se a questa situazione si aggiunge il caldo estremo, è evidente che il rischio diventa ancora più alto. Durante i mesi più caldi, i sistemi idraulici e le piscine possono diventare serbatoi per questo tipo di organismi.
I sintomi dell’infezione da ameba mangiacervello
Dopo l’esposizione, i sintomi dell’infezione possono comparire in modo rapidissimo, generalmente entro 5 giorni dall’entrata dell’ameba nel corpo. Inizialmente, i sintomi sono simili a quelli della meningite batterica e possono includere febbre, mal di testa, rigidità del collo e un’innaturale sensibilità alla luce. In aggiunta si possono notare anche segni quali nausea e vomito. Tuttavia, nel giro di pochi giorni, questi sintomi iniziano a evolversi e possono manifestarsi sonnolenza grave, convulsioni e anche allucinazioni.
La condizione peggiora rapidamente e spesso conduce a un coma in meno di due settimane dall’inizio dei sintomi. Di fatto, la morte arriva nel giro di pochi giorni dall’apparizione delle prime manifestazioni cliniche. Gli sforzi terapeutici, che possono includere una combinazione di farmaci, si sono dimostrati spesso inefficaci, portando alla drammatica mortalità del virus. Questo quadro clinico rende questa malattia una delle più insidiose e gravi legate a contaminazioni acquatiche. La consapevolezza e la prevenzione sono, quindi, componenti essenziali per evitare rischi fatali.