A volte si può essere licenziato anche per cause apparentemente banali, è bene conoscerle per correre ai ripari prima che sia tardi.
Avere un posto di lavoro non può che essere importante, non solo per se stessi, ma anche per chi ha una famglia da mantenere e ha quindi la necessità di avere un guadagno sicuro. Non sempre si riesce a ottenere l’impiego dei sogni e corrispondente ai propri studi, in alcuni casi è necessario accettare qualcosa di non così congeniale, magari anche con uno stipendio non ottimale, ben sapendo quanto sia determinante non essere disoccupato.
Il timore di essere licenziato può essere però comune a molti, non solo a chi ha un carattere insicuro. Basti pensare a chi ha un capo che tende a rendere invivibile l’ambiente di lavoro, a quel punto può diventare più facile sbagliare, con il rischio di subire conseguenze poco piacevoli. Non è detto però che questa situazione possa scattare solo per gravi motivi, è bene saperlo, così da cercare di capire a cosa si può andare incontro.
La necessità di mantenere il proprio posto di lavoro può spingere quindi ad accettare anche qualcosa che non si gradisce particolarmente, almeno per un periodo. Si tende però a pensare che qualcuno possa essere licenziato solo quando si è in scadenza di contratto o per gravi motivi. In realtà, questo è vero solo in parte.
A livello normativo il licenziamento può verificarsi per quella che viene definita “giusta causa”, quindi per un comportamento commesso dal lavoratore che è ritenuto talmente grave da impedire di proseguire il rapporto tra le parti. Non si può però escludere a priori l’impossibilità di andare incontro al “licenziamento per futili motivi“, come confermato da una sentenza emessa nel 2017 dalla Cassazione, destinata quindi a fare giurisprudenza.
Tra le motivazioni apparentemente non gravi che possono portare a perdita del lavoro ci sono i ritardi, non riuscire a completare secondo le tempistiche richieste un compito, la bestemmia, l’abbigliamento ritenuto poco consono o l’utilizzo del telefono.
Apparentemente queste cause non possono portare direttamente al licenziamento, ben diverso è se si tratta di situazioni ripetute e segnalate in più occasioni da un responsabile al lavoratore. “La reiterazione di condotte futili determina infatti comunque un’autonoma giusta causa di licenziamento”, come scritto da parte della Suprema Corte.
Essere recidivi in queste condotte non è però sufficiente per essere licenziato, è altrettanto determinante sottolinearlo. Questo può verificarsi se il datore di lavoro ha già provveduto a sanzionare chi ha commesso queste azioni attraverso un richiamo scritto. Se l’irregolarità si dovesse ripetere, possono inevitabilmente scattare altre lettere di richiamo, fino ad arrivare alla necessità di segnalare all’interessato di non essere più disposti a sopportare oltre.
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